EMERGENZA CORONAVIRUS E RIFORMA CRISI IMPRESA

A risentire dell’emergenza sanitaria sono soprattutto le imprese, sia a livello nazionale che internazionale. Difatti, il periodo storico è molto incisivo per l’economia, finanza e lavoro.

Il legislatore ha previsto diverse modifiche alla disciplina della crisi di impresa per fronteggiare gli impatti che l’attuale emergenza sanitaria, determinata dal COVID-19, ha avuto e avrà sull’economia e, in particolare, sulle imprese.

Il nuovo Codice della crisi d’impresa, contenuto nel d.lgs. 14 del 2019, entrerà in vigore il primo settembre del 2021. Questo documento contiene delle novità per la gestione d’impresa. L’attuale situazione di incertezza non esclude che il legislatore intervenga nuovamente per precisare o modificare l’impatto di tali variazioni o introdurne nuove.

Per quel che concerne in particolare lo stato di crisi, quest’ultimo viene definito come uno stato di difficoltà finanziaria ed economica che rende l’insolvenza da parte del debitore probabile. Di conseguenza, per le imprese si configura l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte con regolarità alle obbligazioni che siano state pianificate.

In pratica, con questo Codice il legislatore punta ad individuare tempestivamente il verificarsi di uno stato di crisi: con lo scopo di consentirne un intervento risolutivo, cercando di limitarne gli effetti e scongiurare fallimenti.

In che modo? Ricorrendo a determinati indicatori che sapranno rivelare quali ripercussioni potranno avere determinate scelte dell’amministrazione e la gestione dell’azienda stessa sul futuro.

Anche grazie all’ausilio di software ad hoc, si potrà agevolare una precoce diagnosi relativamente alla possibilità che si verifichi uno stato di difficoltà.

Tali programmi si occupano, nell’eventualità di una crisi aziendale, di progettare e proporre dei piani per il risanamento e la ristrutturazione.

Il regime di controllo che si attiva:

  • Intercettare gli elementi di criticità;
  • responsabilizzare il debitore e gli organi amministrativi per scongiurare il rischio che la crisi diventi in breve insanabile;
  • il piano di intervento che si dovrà andare a strutturare avrà l’obiettivo dichiarato di ripristinare l’equilibrio sia finanziario che patrimoniale ed economico.

Per riuscire a comprendere il verificarsi di uno stato di crisi, è bene saper interpretare determinati indicatori segnaletici.

Le anomalie nella contabilità sono riscontrate dal sistema interno, così come il rischio di insolvenza. Quest’ultimo si valuta controllando gli indicatori relativi ad anomalie nei rapporti con istituti bancari, anomalie a livello gestionale ma anche di bilancio ed erariali.

Tra i campanelli d’allarme che devono far presagire l’incombere di uno stato di crisi è possibile indicare in primis il patrimonio netto negativo.

Gli indici in grado di far presumere uno stato di crisi di impresa sono cinque e sono stati proposti dal CNDCEC (Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili).

Si tratta nello specifico:

-indice di sostenibilità degli oneri finanziari (in termini di rapporto tra fatturato e oneri finanziari),

-l’indice di ritorno liquido dell’attivo (in termini di rapporto tra attivo e cash flow),

-l’indice di adeguatezza patrimoniale (in termini di rapporto tra i debiti totali e il patrimonio netto),

-l’indice di liquidità (in termini di rapporto tra attività e passivo nel breve termine),

-l’indice di indebitamento previdenziale e tributario (in termini di rapporto tra attivo e indebitamento tributario e previdenziale).

Nel caso in cui non si riesca a ripristinare l’equilibrio aziendale, agendo in autonomia o attraverso l’ausilio di esperti, potrà scattare la procedura di allerta, fulcro della riforma, che servirà a trovare l’accordo tra creditori senza che la crisi possa sfociare nell’insolvenza.

La procedura potrà andare dai tre ai sei mesi, durante i quali si punterà a raggiungere l’accordo. Ove questo non sia possibile l’OCRI, Organismo per la composizione delle crisi di impresa, istituito dalla normativa, inviterà all’apertura da parte dell’impresa di una delle tradizionali procedure d’insolvenza.

L’allerta può essere interna quando attivata dall’imprenditore direttamente oppure dal collegio sindacale, mentre sarà esterna nel caso in cui ad attivarla siano Inps, Agenzia delle Entrate o agenti di riscossione (una volta che lo scaduto abbia superato una certa soglia).

In quest’ottica è fondamentale una corretta attività e strategia di recupero crediti commerciali. Se infatti sono presenti dei crediti insoluti, non gestiti in modo corretto e in tutta tempestività, questi possono andare a impattare anche in maniera molto pesante sul fatturato e i flussi di cassa, fino a toccare la reputazione aziendale e la sua affidabilità.

Stabilire e strutturare una efficace strategia per la gestione del credito è dunque essenziale per poter fronteggiare al meglio eventuali situazioni di criticità.

Per altre informazioni, consulta il sito www.studioptf.it

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